Il “governo” geometrico-prospettico che informa l’architettura della Cappella di Villa Simonetta a Milano (attribuita a Bernardo Zenale) nell’unità tra pittura e architettura.
Incarico di ricerca del Dipartimento ABC del Politecnico di Milano.
Responsabile: Marcello De Carli
Referente scientifico: Giorgio Fiorese
Incaricato: Davide Guido
Anno: 2014-15
Luogo: Milano (MI)
Collaborazione: Marco Barbagallo
Fotografie: Stefano Topuntoli, Daniel Patelli
Ristrutturazione della Cappella e realizzazione di annessa biblioteca (a servizio della ‘Civica Scuola di Musica di Milano’ insediata nella Villa Simonetta).
Anno: 2003
Progetto: Giorgio Fiorese (capogruppo), Marcello De Carli, Mariella Grosso, Chiara Zaccaria.
Realizzazione: Pierino Vecchierelli.
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici: Libero Corrieri.
Finanziamento dei lavori: Fondazione Cariplo.
La Cappella di Villa Simonetta a Milano: la prospettiva come ordinamento dello spazio
Se Zenale viene all’architettura attraverso la pittura, è dunque con la costruzione della Cappella (momento unico, liberato forse da serrate costrizioni di commessa, nonché occasione dimostrativa, nel clima di “entusiasmo” culturale che Milano viveva alla corte di Ludovico il Moro) che egli prova ad applicare e a verificare (a riprova di uno statuto ormai riconosciuto di maestro maturo) la “regola” della prospettiva per ordinare lo spazio architettonico: sicuramente occasione decisiva, “snodo” operativo tra pittura e architettura nel corso dell’intero itinerario artistico zenaliano (rimasto sostanzialmente celato fino ad oggi), ma anche nel corso dell’originale via del Rinascimento milanese-lombardo.
Un tentativo necessariamente sperimentale se ricondotto storicamente alla realtà di fine Quattrocento in Lombardia (ma anche in Centritalia e in Italia in genere), quando la prospettiva “pratica” era già concretata nelle opere ma non ancora definita come sistema preliminare di norme. “A progredire fu […] una nozione più astratta di prospettiva, scientificizzante e in pieno assestamento trattatistico”, e quindi sperimentale.
Con la costruzione della Cappella Zenale riesce a far progredire in architettura la linea idealmente sperimentale: da prospettivo “fabbrile” e non più soltanto da “maestro di prospettiva” (occasionalmente forniva ai pittori – e agli intagliatori di tarsie – i cartoni degli impianti prospettici).
Arrivando a concepire un’architettura, come “rappresentazione” prospettica (e in parte illusionistica), come “spettacolo di spazialità”, dove “strettamente connesso alle immagini risulta il disegno architettonico della costruzione in cui esse sono inserite” (M.T. Binaghi Olivari ). Nella Cappella l’ architectura ficta e quella edificata si risolvono reciprocamente. La prospettiva cessa di essere solo procedimento pittorico (seppur applicato all’architettura) e diventa a pieno titolo architettura essa stessa: prospettiva aedificandi.
[… ] L’intero impianto architettonico (in parte edificato e in parte solo disegnato), configurato come una serliana, non è che la costruzione della propria rappresentazione prospettica: la materializzazione tridimensionale della visione bidimensionale generata idealmente su un piano di quadro – posto ai piedi della pedana dell’altare – da un punto di vista ben collocato: fatti pochi passi subito dopo l’ingresso, appena entrati e disposti ad osservare; così da proporzionare e governare sotto la regola prospettica appunto, sia la profondità della scarsella (quale coerente esito costruttivo dell’ “ideale” proiezione prospettica generata sul piano di quadro), sia la costruzione delle tre figurazioni (Compianto, Sant’Ambrogio e San Girolamo) su un’unica linea di orizzonte (posta ad altezza degli occhi) e riservando ai due santi ambiti spaziali “prospetticamente consonanti” con l’intera rappresentazione.
(Davide Guido, estratto da: Davide Guido, Zenale ‘prospectivo’, in Giorgio Fiorese, Bernardo Zenale nella Cappella di Villa Simonetta, Araba Fenice Edizioni, Boves, Cuneo, 2016).